lunedì 18 febbraio 2008

Partito Democratico: vantaggi, svantaggi e Polito

Pubblicato il 17 Febbraio, 2008
da Fabio Andrea Petrini su: http://www.giornaledigitale.net/


Nello stravagante e bizzarro contesto politico italiano, la nascita del Partito Democratico ha fortemente cambiato lo scenario. Se è vero che un fenomeno di questa entità condiziona un po’ tutta la politica europea, figuriamoci le conseguenze, già in parte visibili, che un progetto così ampio e ambizioso accompagnerà nel nostro futuro. Essere di centro, di destra, di sinistra o “laici” post ideologici non è importante per una analisi generale. Una buona politica non può prescindere dall’esistenza di un minimo comune denominatore.
Spesso ci si interroga sull’essere unionisti o separatisti, entrambe le collocazioni hanno i loro vantaggi e svantaggi. Si pensi all’unione europea, in particolare quanto può aver migliorato gli inevitabilmente difficili rapporti che popoli e culture diverse possiedono. Si pensi alla stabilità che la moneta unica ha offerto alla nostra economia anche grazie all’introduzione dei parametri di Maastricht e di tutti quei criteri che impediscono al libero mercato di diventare un feudo. All’interno di questa conquista c’è chi ancora rema contro magari perché sostiene che convenzioni “sconfinate” non tengono conto delle piccole realtà locali come il comune beneventino di turno o delle sensibilità di Borghezio.
Negli ultimi anni, l’aver dato una rappresentanza parlamentare anche alla lista civica che garantisse la vittoria alle elezioni è stata la bandiera del fallimento politico.
Il PD, come si sta osservando ora, ha ridotto la frammentazione “costringendo” i partiti affini ad aggregarsi e a svincolarsi da quelli più lontani e microscopici.
Le alleanze e quindi le coalizioni devono ritornare ad essere figlie della politica, non dell’aritmetica.
Non si capisce bene il motivo per cui una collocazione politica debba essere ancora identificata con le parole “centro”, “sinistra” e “destra”. Avere tre scelte per una linea di pensiero significa non avere scelte. La politica è bene che inizi a muoversi su larga scala per valori, credibilità dei candidati e seri programmi elettorali. Tuttavia la democrazia prevede la scelta e quindi anche scegliere di rimanere nel passato fa parte del gioco ma al di fuori di palesi ambiguità.Ora gli eletti saranno più conformi alle volontà degli elettori, in tutti gli schieramenti.
Sebbene ci sono vari vantaggi, c’è però anche qualche punto forse non positivo. Potrebbero venir meno ad esempio, contributi costruttivi di quella sinistra responsabile che non ha rinunciato al valore della laicità come punto di partenza per iniziare un dialogo all’interno di un partito. Veltroni e Di Pietro dovranno poi garantire politiche ambientaliste, di solidarietà e di equità sociale che, senza una profonda assunzione di responsabilità, potrebbero essere “trascurate”.C’è anche da dire, ringraziando ancora Berlusconi per la legge elettorale “porcellum”, che i nuovi gruppi parlamentari saranno inevitabilmente scelti dalle segreterie di partito, in modi più o meno democratici. Non saranno eletti con il voto di preferenza, non lo sono stati nella passata legislatura. Questo comporta l’infiltrazione di minoranze incompatibili con il pensiero degli elettori. Il senatore Antonio Polito è stato eletto nel gruppo dell’Ulivo. Egli era direttore di “Il Riformista”, un giornale pagato in parte con i soldi pubblici, che pochissime persone leggono. Quanti elettori conoscevano polito prima delle elezioni politiche 2006? Più volte ha fatto dichiarazioni di totale incompatibilità con il programma dell’Unione e di forte vicinanza alla politica al centrodestra. Rimane tuttora nel centrosinistra.
Vorrei ora porre all’attenzione dei lettori le sue ultime dichiarazioni in un comunicato stampa:
“Sono tre volte contrario alla scelta del Pd di apparentarsi sulla scheda elettorale con il partito di Di Pietro". Lo dichiara il senatore del Pd Antonio Polito. "Primo: perché così facendo si afferma che la cultura politica del nuovo partito si sente più vicina al giustizialismo dell’ex pm che al liberalismo dei radicali e dei socialisti. Secondo: perché il partito di Di Pietro è un partito personale che già alle passate elezioni non andò tanto per il sottile nella scelta dei candidati e che creò al Senato non poche turbolenze nella maggioranza, soprattutto sui temi della giustizia. Terzo: perché se anche il Pd vincesse le elezioni, per governare avrebbe bisogno dei parlamentari eletti con Di Pietro, con buona pace della vocazione maggioritaria”.Antonio Polito,Comunicato stampa del 13 febbraio 2008, senato.it
Caro Polito,primo: la posizione che ha ribadito Di Pietro è sempre stata quella di non permettere le candidature al parlamento di persone che sono state condannate per reati gravi con sentenza penale passata in giudicato. Persone che hanno commesso reati. La posizione processuale, per questi signori, è stata quindi varata da organi dell’ordine giudiziario pertanto il giustizialismo di cui lei parla non centra nulla. Inoltre l’Italia dei Valori ha sempre sostenuto una politica liberale ed ha anche una componente socialista al suo interno. I socialisti a cui lei fa riferimento invece, hanno acquisito nel loro partito Gianni De Michelis che è stato condannato per corruzione sulle mazzette autostradali in Veneto e per finanziamento illecito nel processo Enimont.Secondo: forse il partito di Di Pietro è un partito personale dove tutti la pensano allo stesso modo, sui temi precedentemente citati. Le turbolenze vennero create solo quando la politica del governo tentò di interferire nell’autonomia della magistratura (es. avocatura di de Magistris) o nella libertà di informazione (es. DDL Levi-Prodi) che purtroppo è limitata in Italia.Terzo: qui sono d’accordo con lei, sono felice che sia così.


Fabio Andrea Petrini,
direttore responsabile di Giornale Digitale.http://www.giornaledigitale.net/

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