venerdì 29 aprile 2011

Giovani del Centro Sinistra a Montesilvano riflettono: quando il Sud era ricco!

Sabato 16 aprile, a Montesilvano, in Provincia di Pescara ho organizzato un convegno: “Giovani, Sud ed Unità d'Italia”.
Con l'aiuto di Marcello Salerno, giovane docente di diritto pubblico dell'economia presso l'Università D'Annunzio di Pescara e Chieti, e di Sante Di Biase, dottore di Ricerca presso l'Università La Sapienza di Roma abbiamo affrontato tali tematiche con esposizioni storiche, giuridiche ed economiche del periodo risorgimentale. Senza l'utilizzo della retorica nazionalista.
Interventi anche politici all'incontro, come quello di Rudi Russo, coordinatore nazionale dei giovani Idv e Consigliere Regionale della Toscana; Giampiero Riccardo, coordinatore regionale dei giovani idv; Alessandro Marzoli, Vice Presidente Consiglio Comunale di Chieti del PD; Corrado Di Sante segretario provinciale Rc e Attilio Di Mattia, consigliere provinciale Idv, grazie al quale l'incontro è stato possibile.
Presenti in sala esponenti politici e di associazioni attive sul territorio, Vincenzo D'Ercole, giovani democratici di Montesilvano, Francesco Di Pasquale, PD, Camillo Sborgia, cons. prov. Pescara IDV, Senatore Alfonso Mascitelli, Giulia Mistichelli del Soha, Sante Mastandrea di Espressione Libre, Elisabetta Vespasiani, comitato Acqua Pubblica, Donatella D'Amario di Scafa Aria nostra.
Cosa è emerso dal convegno? Quali i dati più scottanti? Ecco una breve narrazione dei lavori del 16 aprile.
I moti del 1848 avevano ormai cementato in tutta la penisola l'idea di “Italia Unita” e nel 1859, un anno prima della spedizione dei mille, c'erano 7 stati in Italia.
Nel 1700 vi erano addirittura 12 stati, ridotti a 9 nel 1815 dal Congresso di Vienna che restaurò al potere le vecchie monarchie in tutta Europa.
Il Regno delle Due Sicilie, lo Stato Pontificio ed il Regno di Sardegna erano gli unici pienamente indipendenti, mentre il Regno Lombardo-Veneto, il Ducato di Modena, il Ducato di Parma ed il Gran Ducato di Toscana erano sotto la dominazione o comunque l'influenza austriaca.
La storica partenza da Quarto dei “mille”, il 6 maggio 1860, merita un piccolo chiarimento, che deve necessariamente partire da un “atto notorio” del 4 maggio dello stesso anno, quindi soli due giorni prima; con lo stesso si stabiliva la vendita temporanea di due navi della società Rubattino di Genova (il Piemonte ed il Lombardo) al Regno di Sardegna e si precisava che il beneficiario era Giuseppe Garibaldi, garanti del debito, il Re sabaudo ed il suo primo ministro, il Conte di Cavour.
Tale vicenda fa pensare che i “mille” non erano spensierati volontari ma, per la gran parte, veterani delle prime due guerre d'indipendenza; presenti anche ufficiali piemontesi in uniforme, l'armamento era quello usato nella guerra dell'anno precedente, pienamente efficiente.
Una considerazione dovuta è inerente alla Sicilia, a causa dell'odio baronale dei nobili siciliani nei confronti della Corona Borbonica residente a Napoli, la capitale del Regno delle Due Sicilie, quindi la Sicilia sarebbe stato il territorio ideale per innescare la “rivoluzione”, favoriti da un terreno fertile per via del noto astio intercorrente tra la classe dirigente sicula e quella centrale napoletana.
Essenziale, per rendere giustizia al Regno delle Due Sicilie, sarà citare alcuni dati circa la posizione economica del meridione italiano sino all'unificazione.
La riserva aurea, a garanzia della moneta circolante, al momento dell'Unità nel Regno delle Due Sicilie era di ben 443,2 in milioni di lire dell'epoca (che sarebbero equivalenti a 7302 lire odierne, o meglio sino al 2002, anno dell'emissione dell'euro e del ritiro della lira), nel Regno di Sardegna di soli 27 milioni (in Lombardia di 8,1 milioni, in Toscana di 85,2 milioni, a Parma e Piacenza di 1,2 milioni, nello Stato Pontificio 35,3 a Roma e 55,3 in Romagna, Marche ed Umbria, in Veneto di 12,7 milioni, a Modena di 0,4 milioni); su un totale di 670,4 milioni di lire a copertura della moneta emessa su tutto il territorio nazionale pre-unitario, più dei due terzi era a garanzia della moneta borbonica, del meridione, i restanti 225,2 per tutto il resto dell'Italia.
Il Regno delle Due Sicilie era ricco, alla luce di questi dati lo si può dire con certezza, anche perchè i due terzi della ricchezza erano a disposizione del solo 36,7 % della popolazione complessiva della penisola, quindi poco più di un terzo, quella del Sud.
Il debito pubblico? Il Regno di Sardegna con 5 milioni di abitanti deteneva un triste debito di ben 1271,43 milioni, il Regno delle Due Sicilie di soli 441,22 milioni, si, avete letto correttamente, una cifra inferiore a quella della ricchezza aurea. Il Sud era in attivo.
Nel 1860 nel mezzogiorno vi erano 9390 medici attivi ed il Regno delle Due Sicilie deteneva la più alta percentuale di medici rispetto alla popolazione di qualsiasi altro Stato pre unitario italiano, inutile dire che la mortalità infantile era tra le più basse, grazie anche a vaccinazioni gratuite ed obbligatorie, contro il vaiolo, istituite per legge nel 1821.
Concludo questo breve viaggio nelle Verità nascoste sul meridione italiano pre-unitario elencando qualche primato e lascio a voi le dovute riflessioni: primo telegrafo elettrico d'Italia, prima linea ferroviaria e costruzione della prima locomotiva d'Italia, prima illuminazione a gas d'Italia, primo corpo dei vigili del fuoco d'Italia, la più grande industria metalmeccanica del paese, il più grande cantiere navale ed il primo vascello a vapore del Mediterraneo, la più grande cartiera del paese, la più importante industria estrattiva di zolfo del mondo, industria conciaria seconda in Europa, primo posto per produzione agricola di molti prodotti e negli allevamenti equini, ovini e suini.
Noi giovani del Sud dobbiamo essere fieri delle nostre origini e riportare ai fasti di un tempo i nostri territori e le nostre Regioni.
La retorica nazionalista fa apparire il meridione come un territorio al tempo dell'unificazione, oppresso, da liberare, da civilizzare, cosi non era. Purtroppo questo è un arduo compito spettante alla nostra generazione.


Emanuele Mancinelli
Segretario Amministrativo Nazionale
Italia dei Valori – Dipartimento Giovani